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  NECROPOLI VATICANA

 LA TOMBA DI SAN PIETRO
 

È possibile riscoprire le radici più significative e profonde della Basilica di San Pietro e della Chiesa di Roma ripercorrendo l’antica strada in terra battuta che conduce alla tomba del Principe degli Apostoli e che attraversa una necropoli romana ubicata sotto il pavimento delle Grotte Vaticane in corrispondenza della navata centrale della Basilica.
La scoperta di questo sito di fondamentale importanza religiosa, storica e artistica, risale ai primi anni del pontificato di Pio XII Pacelli (1939-1958), il papa che coraggiosamente volle intraprendere una serie di esplorazioni archeologiche nell’area della Confessione Vaticana e nella parte centrale delle Sacre Grotte. La ricerca archeologica del secolo passato fu un’impresa senza precedenti che consentì di individuare sotto l’altare maggiore della Basilica la tomba di Pietro, rimasta inaccessibile e inviolata per quasi duemila anni. Un'umile fossa scavata sulle pendici meridionali del colle Vaticano, proprio davanti al circo, che fu teatro delle feroci persecuzioni contro i cristiani all’epoca dell’imperatore Nerone (54-68). Una modesta sepoltura sulla quale, cent’anni dopo il martirio dell’Apostolo, fu costruita una piccola edicola funeraria ricordata dal presbitero Gaio alla fine del II secolo, come riferisce puntualmente lo storico Eusebio di Cesarea (Storia Ecclesiastica, 2, 25, 6-7). Quell’edicola, generalmente chiamata “Trofeo di Gaio”, indicò ai primi cristiani la tomba di Pietro che già prima di Costantino fu meta di devoti pellegrinaggi, testimoniati dai numerosi graffiti latini tracciati su una parete intonacata e dipinta di un ambiente destinato al culto in prossimità dell’edicola (“muro G”). In particolare su un piccolo frammento di intonaco (cm 3,2 x 5,8), proveniente dal cosiddetto “muro rosso” sul quale si addossò l’edicola, vennero incise le seguenti lettere greche: PETR[...] ENI[...]. Il graffito è stato interpretato con la frase “Pétr[os] enì” (= Pietro è qui), oppure, sempre nella prospettiva della presenza di Pietro, con un’invocazione a lui rivolta: “Pétr[os] en i[réne]” (= Pietro in pace).
Il “Trofeo di Gaio”, che sopravvive nella “nicchia dei Palli” all’interno della Confessione Vaticana, fu racchiuso dall’imperatore Costantino in una teca marmorea ricordata da Eusebio di Cesarea come “uno splendido sepolcro davanti alla città, un sepolcro al quale accorrono, come ad un grande santuario e tempio di Dio, innumerevoli schiere da ogni parte dell’impero romano” (Teofania, 47). Sul monumento-sepolcro di Costantino si edificarono in seguito, con significativa continuità, l’altare di Gregorio Magno (590-604), l’altare di Callisto II (1123) e infine, nel 1594, l’altare di Clemente VIII, successivamente coperto dal baldacchino del Bernini sotto la grandiosa cupola michelangiolesca. La straordinaria successione dei monumenti eretti attorno e sopra l’edicola del II secolo costituisce un’eloquente e tangibile testimonianza di duemila anni di devozione e di storia incentrata sull’umile sepoltura di Pietro.

 
 

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